Dovessi raccontarvi cosa sia esattamente l’endometriosi
occuperei pagine su pagine che potrei scriverci un libro. Per cui mi
limiterò a sottolinearne gli aspetti, più semplicemente parlandovi della mia esperienza e diffondere l’informazione il più
possibile. Questo è un testo che scrissi il 7/12/18, il
giorno in cui mi operarono e quando scoprii la malattia. Tra la
stanchezza, la vittoria mista alla sconfitta che ho avuto quel giorno,
piansi per tutto il tempo. Era una liberazione troppo grande da tenere
dentro ancora, e troppo cruda la sconfitta nel dover a tutti i costi
accettare la malattia.
Fatto sta che mi trovavo in una situazione del
tutto sconosciuta: prima operazione, prima battaglia.
In ospedale mi è
venuta una tale voglia di scrivere, una tale compassione verso me stessa
e per tutte quelle donne che ne soffrono, che ho dovuto scrivere di
getto quello che mi sentivo di dire a tutte le guerriere:
“Il mio sorriso è questo, con gli occhi semichiusi e sì, la bocca
un po’ storta. Riferisco questo sorriso a tutte quelle grandi Donne
che, già adulte o ragazze come me, hanno avuto a che fare con
insegnanti, datori di lavoro, ginecologi dove la malattia non veniva
capita, mettendo così da parte anche la sofferenza, nascondendola
ripetutamente. A ogni interrogazione, a ogni ora passata a lavorare
(anche per turni massacranti) a ogni visita fatta con le lacrime e a
ogni persona, o medico – esperto – che metteva in dubbio la malattia,
deducendo che probabilmente fosse solo stress, oppure al contrario,
dicendoti che figli non ne potrai avere, – senza uno straccio di prova. A
tutti coloro che parlavano inutilmente, che provassero solo per un
giorno ad essere me, e capire cosa vuol dire convivere con
l’endometriosi. Menopause forzate, diete drastiche, zero sport, giornate
intere passate a letto, terapie struggenti… e il resto posso anche
risparmiarvelo. Ad oggi vi dico: informatevi, l’informazione è la prima
diagnosi. Spero abbiate la fortuna di trovare medici competenti che
capiscano subito la patologia di questa malattia e che ve la curino in
tempo – sperando non ritorni. Ma cosa ancora più importante: fidatevi di
voi stesse, ascoltate il vostro corpo, siate testarde, lottate e
sorridete alla vita, sempre!”
#lottoesorrido🌻
Il pezzo con mia sorpresa è stato pubblicato
dalla Fondazione Italiana Endometriosi. Ma la cosa che mi ha commosso
ancora di più, sono i commenti, l’amicizia, e l’amore che ho ricevuto e
condiviso con tutte quante voi! In questi casi davvero l’unione fa la
forza e ne siamo la dimostrazione, giorno dopo giorno.
Vi racconto la mia storia e come l'ho scoperta
Fatemi pensare… com’è iniziata?
Ah sì, con i dolori.
Ho sempre avuto dolori da quando ho il mio primo ciclo – quindi
potete immaginare una bambina di undici anni che già vede il ciclo come
una cosa nuova, strana e che la spaventa un po’; metteteci pure il
dolore dove mi ricordo, volevo già strapparmi le ovaie.
Mi sono
chiesta: “Si soffre davvero così tanto?”
Vedevo tutte le mie amiche e compagne
di classe, che sì lo avevano pure loro, soffrivano, ma chissà
perché io dovevo perfino svenire, avere attacchi di nausea
improvvisa, svegliarmi sudando freddo, piangendo e chiedere a mia
madre di portarmi in ospedale perché non potevo più resistere
ancora… andava a finire che mi prendevo una bella dose di
antidolorifico, borsa dell’acqua calda e mi addormentavo dal dolore.
Questo è capitato sempre.
Dal periodo
delle medie fino al liceo, mi sono ritrovata a saltare scuola tutti i
mesi e mi vergognavo, pensavo di avere una soglia del dolore
bassissima, di lamentarmi sempre – per un po’ di dolore che hanno
tutte – e di avere quella che chiamano pigrizia mentale. Questo ha
causato un gran numero di assenze durante gli anni scolastici e
l’insoddisfazione personale; ma quello che mi ha permesso di portare
a termine quello che volevo fare è stata solo la mia perseveranza.
Quello che dovrebbe risultare una
conseguenza della nostra normale crescita per diventare donna, per me
no non lo era. Era un’eterna sofferenza che lentamente si è
rivelata sempre più logorante, lacerando ogni mio normale pezzo di
vita quotidiana.
A vent’anni quando i crampi li avevo
non solo durante il ciclo, ma anche per il resto del mese andando in
ogni parte del mio corpo ho capito che non potevo andare avanti così,
doveva esserci qualcos’altro.
Inutile che vi spieghi l’inizio del mio
calvario.
In cinque anni ho chiesto aiuto a
cinque ginecologi diversi, uno ogni anno, e ognuno di questi mi ha
fatta sentire sbagliata, fragile, strana, non abbastanza forte, non
donna.
Questo però nel corso del tempo mi ha
cambiata, e il mio carattere ha fatto sì che non ascoltassi più
nessuno, se non me stessa.
Provando ogni tipo di anticoncezionale
– e se dico ogni tipo credetemi, – uno dei quali mi ha causato
depressione, (tanto per capirci, si tratta della spirale) assunto
integratori, fatto diete e menopause farmacologiche, e chi più ne
ha, più ne metta!
Il quinto anno dopo la terapia,
l’ultimo pianto di dolore è servito – finalmente – a far capire
al mio ginecologo che dovevo essere operata per capire cosa
ci fosse. Detto questo ho passato un anno a
chiedergli di operarmi, ho passato anni invece a far capire a tutti
che qualcosa non andava. Ma le risposte che ricevevo erano tutte
contrarie, tutte che non credevano a una sola parola di quello che
dicevo. Addirittura fino a qualche giorno prima dell’operazione mi
sono sentita dire dall’ennesimo ginecologo: “Fidati, tu non hai
niente, si vede dalla faccia che stai bene!” Da cosa lo capiva, solo lui lo sa, e
ancora oggi rimane un mistero.
Per mia sfortuna poi, l’endometriosi non si vedeva da una semplice
ecografia perché era nascosta dietro l’utero; – anche se penso sia
premura del ginecologo fare le dovute visite e accertamenti per
controllare che non ci sia alcuna traccia.
Ci sono voluti sei anni per una diagnosi, probabilmente anche di più.
Ma sono stati anni di lotta dove alla fine ho vinto – in parte – io.
Il momento in cui non mi sono sentita più quella sbagliata è quando
sono uscita dalla sala operatoria con un chirurgo che mi affermava: “Sei
una combattente”.
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